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Studio svela meccanismi crollo ghiacciaio Marmolada nel 2022
Morirono 11 persone, analisi esperti anche Università Padova
A tre anni dalla tragedia che ha segnato per sempre la storia dell'alpinismo sulle Dolomiti, un nuovo studio scientifico pubblicato su 'Natural Hazards and Earth System Sciences' ricostruisce i meccanismi che portarono al collasso di una porzione del ghiacciaio della Marmolada il 3 luglio 2022 quando una massa di oltre 70.000 metri cubi di ghiaccio si staccò a oltre 3.200 metri di quota, travolgendo numerosi alpinisti: il bilancio fu di 11 vittime e 7 feriti gravi. La ricerca è stata condotta da un team multidisciplinare internazionale composto da glaciologi, geologi, ingegneri e geofisici appartenenti alle Università di Parma, Padova, Trieste, Stellenbosch e Zurigo, Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale e Arpav. "Abbiamo messo insieme dati storici, rilievi di precisione e modelli fisico-matematici per comprendere se e come l'instabilità del ghiacciaio potesse essere prevedibile" spiega Roberto Francese, docente di Geofisica all'Università di Parma e ricercatore all'Istituto Nazionale di Oceanografia. "Il nostro lavoro - aggiunge Roberto Valentino, docente di Geotecnica all'Università di Parma - dimostra che la Marmolada non è crollata per un singolo fattore scatenante, ma per una combinazione di condizioni critiche che si sono sommate in modo sinergico". I ricercatori hanno stimato che la massa collassata si sia staccata lungo una zona con inclinazioni fino a 40°, percorrendo oltre 2,3 km a una velocità stimata tra gli 80 e i 90 km/h. Nessun terremoto è stato registrato in prossimità dell'evento, e l' ipotesi sismica è stata definitivamente esclusa. Al contrario, l'analisi indica che il collasso è stato provocato da: un'accelerata fusione nivale e glaciale, dovuta a temperature record registrate nella primavera e nell'estate del 2022;·una massiccia presenza di acqua di fusione intrappolata in profondi crepacci ostruiti, che ha generato pressioni idrauliche elevate; ·permafrost degradato nella roccia sottostante, che ha ridotto la coesione tra ghiaccio e substrato; una geometria sfavorevole del letto roccioso, con pendenze elevate e strati di detrito glaciale poco coesivo. "Il ghiacciaio si è trovato improvvisamente in una condizione di equilibrio precario: la temperatura interna era elevata, la base era instabile e l'acqua in pressione, nei crepacci e alla base, ha esercitato una spinta" rileva Aldino Bondesan, geografo dell'Università di Padova. Per i ricercatori eventi simili stanno aumentando nelle regioni alpine e andine, in relazione alla rapida ritirata dei ghiacciai e alla degradazione del permafrost.
T.Ward--AMWN