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Al Ravenna Festival omaggio ad Anita Garibaldi
Domani l'opera di Gilberto Cappelli nella casina-museo dove morì
Eroi e coraggio. O, meglio, il coraggio di essere eroi: si può riassumere così la suggestione contenuta nel titolo della 36/a edizione di Ravenna Festival che continua a indagare il motto donchisciottesco "Donde hay música no puede haber cosa mala". Ancora e più che mai nel segno di un eroismo vero, di un coraggio vissuto fino alle estreme conseguenze: quello della giovane Ana Maria Ribeiro che nel 1849 sacrificò la propria vita al fianco dell'uomo che amava, Giuseppe Garibaldi, e per gli ideali che con lui condivideva. Domani, 4 luglio, alle 21.30, va infatti in scena "Anita", opera in un atto del compositore Gilberto Cappelli su libretto di Raffaella Sintoni e Andrea Cappelli. Un lavoro che dopo il debutto dello scorso anno a Spoleto, approda ora nel luogo che meglio di ogni altro può accoglierlo: la Fattoria Guiccioli a Mandriole di Ravenna, ovvero nell'antica cascina-museo dove ancora è conservata la stanza in cui, in fuga con Garibaldi lungo il percorso che passerà alla storia come "trafila", Anita esalò l'ultimo respiro, il 4 agosto 1849. A darle voce e corpo il soprano Chiara Guerra, mentre a interpretare Garibaldi sarà il baritono Alberto Petricca; sul podio dell'Orchestra Filarmonica Vittorio Calamani sale uno specialista del repertorio contemporaneo come Marco Angius. L'opera di Cappelli narra la storia partendo dalla fine, da quella mano che affiora dal terreno rivelando il corpo di lei sepolto in tutta fretta, da quel dettaglio macabro e triste, dall'urlo che squarcia il Prologo, per poi condurre l'ascoltatore a ripercorrere in otto scene tutte le tappe di due vite intrecciate nel segno degli ideali di libertà: il loro primo incontro, la battaglia di Curitabanos in Brasile, dove Anita crede morto Giuseppe, la nascita del terzo figlio poi la caduta di Roma e della Repubblica Romana, infine la fuga e la morte, e ancora il coro che chiude il sipario. Con uno stile che è lo stesso compositore (e pittore) a riassumere: "Il suono per tutto l'arco della composizione deve essere lacerante, ruvido, rauco, sporco, scuro e violento" una richiesta che convive con quella di "suonare e cantare in modo espressivo e poetico", in una sintesi espressionista di straordinaria densità lirica.
D.Moore--AMWN