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Germano e Servillo, la mafia con la lente del grottesco
Grassadonia-Piazza registi resistenti di Iddu su Messina Denaro
(dell'inviata Alessandra Magliaro) Elio Germano è Iddu, Matteo Messina Denaro, il superlatitante di mafia arrestato dopo 30 anni a Palermo nel 2023 e morto lo stesso anno pochi mesi dopo. Toni Servillo è Catello, un politico ex sindaco di Castelvetrano, dove il mafioso era nato nel 1962, viscido, ambiguo, ma disposto a tutto per riguadagnare credibilità, rimettersi in gioco, accettando così di lavorare per i servizi segreti, favorendo un carteggio con il figlioccio Iddu per stanarlo. Liberamente ispirato a fatti accaduti, con personaggi però frutto della fantasia degli autori, perché la realtà è un punto di partenza non una destinazione, Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, in concorso alla Mostra del cinema di Venezia con Iddu, in sala dal 10 ottobre con 01, sono due registi resistenti, rigorosi, che dell'indagine, con il loro stile s'intende, sulla Sicilia hanno fatto il centro della loro opera. Iddu completa una trilogia dopo Salvo e Sicilian Ghost Story e questa volta il loro vissuto è stato una spinta ulteriore per un film, coproduzione Italia-Francia con Indigo Film con Rai Cinema per l'Italia e Les Films du Losange per la Francia, che, incredibilmente, non ha avuto fondi dal ministero della Cultura, nessun accesso a soldi pubblici. "Mio padre - ha detto Fabio Grassadonia emozionando la platea dei giornalisti - è stato un imprenditore edile nella Palermo degli anni '80, ha avuto i cantieri bruciati e mia sorella sotto minaccia non usciva di casa. A raccogliere la sua denuncia c'era un tale Bruno Contrada, poco dopo una bomba distrusse tutta la casa. A 19 anni la mia compagna di liceo Giovanna Ida Castelluccio venne uccisa con il marito Nino Agostino, agente del commissariato San Lorenzo ma che in realtà faceva parte del pool Falcone e Borsellino". La storia di Iddu respira di questo, di vicende vere, di collusioni e coperture ed è anche il duetto tra una strana coppia Catello-Iddu, Servillo-Germano per un film che è in equilibrio sul grottesco. "Grottesco da non confondere con farsesco - ha voluto precisare all'ANSA Servillo - grottesco è un ispessimento della realtà, la rimarca e intensifica, non ne fa caricatura piaciona". I due grandi attori hanno aderito al progetto Iddu "perché la passione di Piazza e Grassadonia ha il significato di una denuncia cui non ti abitui, perché non è appiattita sulla realtà, ne senti la sofferenza". Elio Germano ha lavorato sugli atti processuali, sui pizzini, "stando alla larga da ogni fascinazione di personaggi ma anzi evidenziando le piccolezze, la loro estrema mediocrità e il tragicamente ridicolo che si portano dietro. Ci sono azioni mostruose e malvagia, ma non sono oggetto di Iddu, piuttosto si scopre, nel rapporto con il padre capomafia che lo aveva scelto come erede sin da adolescente, cosa significa paternità tossica e paternità rifiutata in una ambiente con la peggiore forma possibile di patriarcato. Iddu è un patologico narciso in costante rimozione di ciò che davvero è". Aggiungono i registi che Iddu "sta in una zona grigia, esce dallo stereotipo del film sulla mafia raccontandone un aspetto privato, personale, un modo di agire 'normale' e per questo il risultato è disturbante, perchè persino ci somiglia". È d'accordo su questo Elio Germano che si accalora: "La mafia è fatta di uomini, certi meccanismi sono dentro di noi e dobbiamo essere allenati a riconoscere le cose altrimenti i cattivi sono sempre gli altri. Dobbiamo stare molto attenti ai valori che trasmettiamo, devono essere quelli del bene comune, della collettività più che la difesa dei confini, la famiglia, i privilegi, i profitti a tutti i costi. Nel mio lavoro, in questo film c'è la scelta di interpretare i cattivi come umani per cercare di tirare fuori le cose che accadono e che ci trasformano in personaggi che non vorremmo mai essere". Toni Servillo, in questa sfida attoriale con Elio Germano (in un anno di grandi film, teatro con Teho Teardo e in attesa di vederlo in Berlinguer nel film di Andrea Segre), conclude: "Catello è un saltimbanco assediato dalla disperazione. Il filo del grottesco in questa storia tratta dalla realtà è la chiave per uscire dagli stereotipi: lo vedi e dici 'è mai possibile? E forse non ci domandiamo tutti i giorni come certi uomini di potere abbiano un certo tipo di esternazioni, di presentino in un certo modo, camuffino le notizie, utilizzino i mezzi di informazione per fuorviare".
D.Cunningha--AMWN