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Voight su Trump e Hollywood, 'non faccia la fine di Detroit'
L'attore a Variety spiega la logica del piano, non solo dazi
"Trump ama Hollywood. Non vuole che faccia la fine di Detroit": dopo giorni di illazioni Jon Voight ha rotto il silenzio sui piani della Casa Bianca di imporre dazi del 100% su tutti i film in ingresso negli Usa prodotti fuori dagli Usa. L'annuncio di domenica del presidente Usa ha provocato ondate di shock nelle major dove la maggior parte degli executive si aspettava aiuti federali per far fronte alla evidente crisi dell'industria del cinema, non certamente però con iniziative mirate in quella direzione. Trump si è rimangiato la minaccia nello spazio di 24 ore, ma nel frattempo il danno era fatto. "Ci dobbiamo rimboccare le maniche. Non possiamo permettere che Hollywood finisca in una fogna come Detroit", ha chiarito ora a Variety il padre di Angelina Jolie che conosce Trump dalla fine degli anni '70, avendolo incontrato dopo una prima del film di Franco Zeffirelli Il Campione. Un arci-conservatore nominato dal tycoon "ambasciatore" nella mecca del cinema assieme a Mel Gibson e Sylvester Stallone all'insegna del "Make Hollywood Great Again" ha messo con Variety le indiscrezioni in un più ampio contesto. La troika era stata criticata subito dopo Pasqua dal Los Angeles Times: "Dove sono finiti?": una stoccata che evidentemente ha indotto almeno uno dei suoi tre membri all'azione. La prima bozza di un pacchetto di iniziative è stata presentata a Trump lo scorso fine settimana a Mar-a-Lago. "Doveva essere un punto di partenza e invece è uscita senza permesso", si è lamentato Steven Paul, il co-autore della proposta dopo che il tycoon si è lanciato nella sparata sui dazi prima di fare rapidamente dietrofront. Ancora incerto nei suoi parametri, il piano mira a far rientrare le produzioni fuggite all'estero e "ridare alla gente la dignità del loro lavoro", perché "qualcosa deve essere fatto prima che sia troppo tardi", ha detto Jon a Variety chiedendo che la bozza di iniziative presentata con il produttore Steven Paul "parli da sé". Pubblicato da Deadline, il pacchetto include un incentivo fiscale federale del 10% per produzioni cinematografiche e televisive accoppiato a un "test culturale" su modello di regole in vigore nel Regno Unito: in Gran Bretagna per accedere ai film tax relief le produzioni devono superare un test culturale regolato dal British Film Institute. Questo test assegna un punteggio su criteri come: contenuto culturale (ambientazione nel Regno Unito, personaggi britannici, lingua inglese), talento creativo (regista, sceneggiatore, attori principali britannici o Ue), tecnici e post-produzione svolti nel Regno Unito, e infine contributo alla cultura o all'identità britannica.
Y.Nakamura--AMWN